gruppi-sanguigni

L’ intervista

RARO MA VERO: I GRUPPI SANGUIGNI “DIVERSI”

 
Una persona viene definita di “gruppo raro” quando il suo assetto antigenico si riscontra al massimo in 1 soggetto ogni 1.000-5.000 esaminati. I soggetti  negativi per antigeni ad alta incidenza, definiti dunque come portatori di gruppi “estremamente rari” si riscontrano, invece, con una frequenza ancora inferiore (<1:5000 ). Questa caratteristica non comporta problemi di salute, ma è molto importante nell’affrontare una tra le problematiche più impegnative in campo trasfusionale: il reperimento di unità di sangue compatibili con il ricevente, in modo da evitare che lo stesso possa creare anticorpi contro quegli antigeni rari espressi sui suoi globuli rossi.
Infatti, a differenza di quanto si possa pensare i gruppi sanguigni sono molto numerosi. Sulla superficie dei globuli rossi si trovano molecole, denominate antigeni, trasmessi geneticamente, che interagiscono con il sistema immunitario. Di questi antigeni ne sono stati classificati oltre 700 tipi, raggruppati in sistemi. Il più noto è quello AB0 da cui discendono i “classici” che tutti conosciamo: A, B, AB, 0 nelle varianti Rh+ ed Rh-. Esso è il primo degli oltre 30 sistemi gruppo-ematici ad essere stato individuato. Abbiamo rivolto al Dottor Giancarlo Liumbruno, Colaboratore del Centro Nazionale Sangue  Direttore dell’UOC di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale e della UOC di Patologia Clinica, Ospedale S. Giovanni Calibita, Isola Tiberina, Roma e consiglieremembro del consiglio direttivo della S.I.M.T.I, alcune domande per approfondire il tema:
 
Come si identifica un gruppo raro? Esistono reagenti specifici?
 
I soggetti appartenenti a gruppi rari vengono identificati mediante una tipizzazione “estesa”, effettuata con reagenti specifici. La tipizzazione estesa non è tuttavia una pratica routinaria e, generalmente, può essere effettuata in occasione della donazione di emocomponenti in donatori selezionati, anche in base all’appartenenza a gruppi etnici diversi da quelli a cui appartiene la maggioranza della popolazione.
 
Come ci si accorge, se non si hanno occasioni di donare o ricevere trasfusioni, di essere portatore di un gruppo raro?
 
Sicuramente la donazione di emocomponenti, contestualmente alla quale viene effettuata una tipizzazione gruppo-ematica estesa, garantisce la migliore opportunità di rilevare la presenza di un gruppo “raro”. La tipizzazione estesa può invece non essere sempre effettuata al momento in cui si ha necessità di effettuare terapia trasfusionale, specialmente in condizioni di urgenza.
 
Esiste in Italia un registro di tali soggetti e delle banche dedicate?
 
Le banche dei gruppi rari (ad esempio quella di Milano) hanno un registro e una scorta di sangue (congelato) appartenente a gruppi rari.
 
In caso di emergenza, come si comporta il sanitario che deve trasfondere? E’ routine effettuare l’analisi per il gruppo o si usano unità di 0- e, nell’evenienza, su questi casi “rari” possono verificarsi reazioni avverse se non si trasfonde il proprio?
 
In caso di emergenza, ove ogni ritardo nell’effettuazione della terapia trasfusionale comporti rischio di vita e quindi non si abbia il tempo di attendere nemmeno l’esito della tipizzazione gruppo-ematica e delle prove di compatibilità trasfusionale (il cosiddetto “cross-match”), la maggior parte dei protocolli adottati prevede, in fase iniziale, la somministrazione di unità di globuli rossi di gruppo O Rh(D) negativo, donate dai cosiddetti donatori “universali”. I globuli rossi di questo gruppo sono, infatti, compatibili con tutti i riceventi, a parte eccezioni veramente rarissime.
 
GLI ULTIMI 2 GRUPPI INDIVIDUATI
 
Da quando il biologo austriaco Karl Landsteiner, nel 1900 scoprì il sistema AB0, si sono succedute altre scoperte nel campo della medicina trasfusionale. Circa 2 anni fa un team di ricercatori americani dell’Università del Vermont ha individuato 2 nuovi gruppi, battezzati Junior e Langreis in onore dei portatori, isolando due proteine mai osservate prima nei globuli rossi dei pazienti. Queste proteine, (eABCB6, eABCG2) sono presenti in soggetti che i ricercatori ritengono concentrati in alcune zone del pianeta.Gli stessi ricercatori stimano che in Giappone ci siano almeno 50.000 persone con gruppo sanguigno Junior – che potrebbero avere problemi con le trasfusioni di sangue o, nel caso di donne in gravidanza, manifestare incompatibilità con il bambino che portano in grembo.
 
La ricerca di nuovi sistemi gruppo-ematici non conosce sosta. Il biologo Bryan Ballif, insieme al suo team, ipotizza, infatti, la presenza di almeno altri 10 o 15 gruppi sanguigni ad oggi ancora sconosciuti.
 
di Gloria Pravatà