Vi è un legame tra sangue e Chiesa? È possibile una combinazione tra il mondo ecclesiastico legato al sacro e a tutto ciò che è spirituale e quello mitico-simbolico e scientifico legato al sangue e a tutto ciò che è materiale?


Per fornire una risposta al quesito si potrebbe parlare di “Ecumenismo del sangue”. Ecumenismo, ricerca di unione nella comunità Chiesa. Mediante il sangue, ovvero attraverso consanguineità.

Ma cosa significa? La perifrasi “Ecumenismo del sangue” è stata citata dal Pontefice Francesco pubblicamente il 20 novembre 2014 in occasione dell’Udienza per la Plenaria del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, riunitasi nel cinquantesimo anniversario della promulgazione del decreto del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo Unitatis redintegratio. 

Addentriamoci nel significato profondo di questa asserzione, ma prima facciamo un passo indietro per comprendere il fulcro della riflessione incentrata sul legame tra Chiesa e sangue e sulla possibilità di scoprire quale interesse abbia questa istituzione verso l’universo scientifico e simbolico in cui il sangue prende vita.

Forse alla Chiesa non interessa sapere che il sangue è un tessuto organico, viscoso che circola nell’apparato cardiovascolare, ma ogni sangue ha la sua storia. Umana, medica. Perdipiù religiosa. Per capire meglio di cosa stiamo trattando interpelliamo la dottrina cristiana, come se stessimo chiedendo delucidazioni ad un vecchio saggio, mediante un excursus storico degli eventi sacri.

Il punto di vista del pensiero cristiano si è modificato nei secoli. La sua nascita risale ai primi secoli dopo Cristo, la cui morte ha originato meditazioni che si sono sviluppate sino ad oggi.

La storia delle riflessioni canoniche è millenaria e per comprenderla intraprendiamo un viaggio; un cammino che ha come fil rouge il concetto di sangue nel diritto canonico. Un viaggio che ci fa indossare le lenti del pensiero sacro.   

Il sangue, simbolo di vita e morte, è stato da sempre il fulcro delle meditazioni mistiche. Simbolo potente che si identifica con la vita che scorre nel corpo.

I sacrifici alla divinità dell’antichità, come l’effusione di sangue animale finalizzati alla richiesta di protezione o aiuto ne sono un esempio. È possibile leggere in un passo del Levitico 1,5: “I sacerdoti, figli di Aronne, offriranno il sangue e lo spargeranno intorno all’altare”. Horror e sacro si confondono.

Per gli Ebrei, inoltre, l’anima si identifica con lo stesso sangue. Secondo la Bibbia Dio considera il sangue un elemento dotato di sacralità. Oltre a ciò, secondo la legge biblica, il sangue animale andava sparso ma non mangiato. Si deve attendere il 1442, anno del Concilio di Basilea, Ferrara, Firenze e Roma, per superare definitivamente le pratiche di immolazione sacrificale di animali.

La storia è completamente differente, ad esempio, per quanto concerne l’antichità classica greca, dove agli dei era attribuito un sangue incolore, definito “icore”. Il sangue è, dunque, un concetto latore di molteplici significati simbolici: purezza e impurità si combinano e confrontano in un solo concetto.

Nella riflessione della Chiesa cristiana d’Occidente il sangue si carica di ulteriori valori; il diritto canonico, in particolare, ha preso in considerazione, sin dagli albori della Chiesa stessa, il sangue quale elemento portatore di differenti profili identitari, essendo direttamente presente quale principio costituente il supremo sacrificio di Cristo.

La riflessione si sviluppa dunque a partire dalle origini della Chiesa. Cosa è il sangue? Apparentemente è un liquido vitale/mortale e questo porta risvolti positivi/negativi.Il nocciolo del pensiero cristiano, innanzitutto, si dipana nei Vangeli; la storia ha inizio sulla croce, su cui si attua il sacrificio. Il “miracolo” della “transustanziazione”, ovvero della trasformazione, nel sacrificio della Messa, del pane e del vino nel corpo e sangue del Cristo ne è compimento. Una volta ingerito diviene parte della carne umana.

Lo spargimento del sangue di Cristo è dunque un passaggio fondamentale per l’avvento della storia del cristianesimo. Lo testimoniano i martiri e il luogo del martirio, in tal senso, diviene dimora venerata dalle generazioni future. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2474, p. 451 le azioni dei martiri “costituiscono gli archivi della Verità scritti a lettere di sangue”.

Il sangue è l’elemento cardine su cui si basa la nascita della Chiesa, ma non sempre è stato accettato quale elemento “vitale”. Il versamento del sangue umano, ad esempio, è rifiutato categoricamente dai primi cristiani. Il precetto si racchiude nell’espressione “Ecclesia abhorret a sanguine”, la Chiesa rifiuta il sangue. Un esempio è la distanza che hanno dovuto tenere i chierici per secoli da attività quali la caccia e in particolare da professioni come il macellaio o il medico chirurgo.

Il rifiuto del sangue, inoltre, ha significato il ricorso al braccio secolare per espletare le condanne emesse dai tribunali ecclesiastici e l’inflizione di pene repressive contro gli eretici.

Spesso è stata attribuita alla tematica inerente al sangue una carica di contenuti simbolici.

Sangue, famiglia, dunque identità. Il sangue indica appartenenza e può divenire sintomo di disuguaglianze sociali. Sulla questione si sono affrontate nei secoli schiere di pensiero contrapposte. Un argomento scottante è stato l’illegittimità dei natali, ad esempio, che è stata indicata come elemento discriminante e proibitivo all’accesso agli ordini; questo divieto è stato stabilito sin dal X secolo nel De synodalibus causis di Reginone, un abate cronista vissuto in epoche passate.  Spesso il binomio sangue/fede ha significato, inoltre, discriminazioni ed esclusioni; è il caso della limpieza de sangre, che distingue i cristiani da altre tipologie di fedeli seguaci di altre fedi religiose.

Sangue come stigma dunque, che implica esclusioni dal consesso dei fedeli come la legittimità o meno della nascita, secondo cui attualmente, invece, è possibile affermare una equiparazione tra figli legittimi e naturali in termini di diritti.

Oggi si assiste all’insorgere di nuove problematiche, ben più complesse. è il caso delle riflessioni sull’applicazione di procedure di procreazione artificiale, come, ad esempio, per la procreazione medicalmente assistita, abbreviata in PMA.

La volontà di generare figli che siano sangue del proprio sangue, anche nel caso di reali impedimenti fisici quali l’infertilità, può oggi essere attuata.

La preoccupazione etica si sofferma innanzitutto sulla scissione dell’atto sessuale dalla procreazione che, dunque, diviene atto artificiale, per cui è difficile immaginare scenari futuri di riconoscimento dell’identità individuale. Inoltre, nel caso di applicazione di tecniche di PMA il vincolo di consanguineità può rimanere occulto e celato, dunque, diviene l’accertamento della paternità biologica. In un quadro così complesso, anche i confini delineati dal vincolo del sangue sembrano sfumare nella indeterminatezza. 

Ci sono encicliche che trattano di sangue ed identità,  Donum vitae ed Evangelium vitae, nonché Humanae Vitae. La Chiesa accetta la procreazione assistita ma deve svolgersi all’interno di una coppia legata da un vincolo stabile, matrimoniale; non deve comportare interventi invasivi o rischi rilevanti a danno dell’embrione (questi tre criteri sono proposti nel documento Donum vitae). Un’altra enciclica che si occupa del tema procreazione/dignità della vita umana è Evangelium vitae. L’enciclica esprime la posizione della Chiesa sul valore e l’inviolabilità della vita umana.

Attraverso una panoramica iniziale sulle minacce alla vita umana nel passato e nel tempo presente, l’enciclica offre un breve excursus dei passaggi biblici che condannano la soppressione della vita.

L’enciclica Humanae Vitae del 1968 sancisce la contrarietà della Chiesa ai mezzi artificiali volti al controllo delle nascite. A quarant’anni dal documento, papa Benedetto XVI ha ribadito come nessuna tecnica meccanica possa sostituire l’atto procreativo o inficiare la sacralità della vita.

E oggi il legame Chiesa/sangue si è fatto ancora più vivo, in particolar modo mediante iniziative per promuovere attività di donazione del sangue, non solo in Italia. In Irlanda, ad esempio, il 6 marzo è stata lanciata la campagna “Flesh & Blood” a Dublino nella cattedrale di San Patrizio, una iniziativa di mobilitazione per permettere la donazione di sangue anche all’interno delle Chiese. 

I più curiosi sapranno poi che si è appena svolta a Roma l’iniziativa “Sangue del tuo sangue”, frutto della collaborazione tra la Croce Rossa, Religions for Peace Italia e l’Assessorato capitolino alla Scuola. Un camper ha effettuato un tour tra i luoghi di culto principi della Capitale per testimoniare come la donazione del sangue possa rappresentare un “simbolo del dialogo tra le fedi”. 

E se nella riflessione abbiamo incidentalmente dimenticato la storia del patrono del binomio sangue/fede in Italia, S. Gennaro, che lasciamo ad ulteriori approfondimenti in altre sedi, qui ricordiamo che non è il solo nel bel paese a catturare le attenzioni religiose dei credenti più ferventi. Sperduto in un paese della costiera amalfitana si sviluppa il culto per lo scioglimento del sangue di un santo venerato con vista sul mare. A Ravello ogni anno si avvera il miracolo accompagnato da canti, fuochi artificiali e concerti, in onore al santo patrono della cittadina costiera, che fu medico cristiano vittima delle persecuzioni di Diocleziano, San Pantaleone.

Quale interesse ha la Chiesa nei confronti del sangue? Perché parlare di ecumenismo del sangue? Questo era l’incipit della riflessione. Risposta: alla Chiesa interessa la questione del sangue a tal punto che ha basato la propria esistenza su questo elemento così vitale quanto anche simbolo mortale. Papa Francesco, definito da chi ben lo conosce Papa “Apple”, a sottolineare la complessità che si cela dietro un’interfaccia umana semplice, negli ultimi tempi ha ribadito in più occasioni la necessità dell’unione del genere umano.

In orizzonti presenti e futuri la Chiesa si profila, dunque, come un vero e proprio stakeholder nel panorama scientifico, il cui contributo arricchisce il versante etico della questione ed apre scenari di riflessione da percorrere del tutto nuovi.


Valentina Pace