Roma, 9 settembre 2016. Si è svolto oggi presso l’Istituto Superiore di Sanità il convegno scientifico internazionale “Recenti acquisizioni su conservazione dei globuli rossi e outcome clinici” organizzato dal Centro nazionale sangue con il patrocinio del Ministero della salute ed il contributo scientifico della Società Italiana di Emoreologia Clinica e Microcircolazione (SIECM); Società Italiana Talassemie e Emoglobinopatie (SITE); Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia (SIMTI).


A introdurre i lavori è stato il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Prof. Walter Ricciardi che, ringraziando i partecipanti e i relatori intervenuti, ha voluto sottolineare il rilievo strategico che la medicina trasfusionale italiana riveste per tutte le attività sanitarie, elogiando la grande attenzione che nel corso degli ultimi decenni il Sistema sangue, nel suo complesso, ha saputo rivolgere alle innovazioni scientificamente provate, alla ricerca e allo sviluppo, contribuendo a fare del Servizio sanitario nazionale un giacimento di conoscenze e competenze al servizio del pubblico.


Negli ultimi due anni diversi studi, pubblicati su autorevoli riviste scientifiche internazionali, hanno avanzato l’ipotesi che la trasfusione di globuli rossi (concentrati eritrocitari) conservati per più di due settimane, possa generare gravi complicazioni post-trasfusionali nel paziente ricevente. L’invecchiamento delle cellule del sangue, durante il periodo di conservazione (con conseguente alterazione delle caratteristiche morfologiche e biochimiche) è un fenomeno noto da tempo, ma questi studi, per la prima volta, hanno correlato il grado d’invecchiamento con la probabilità di complicanze, anche gravi, nei pazienti, ipotizzando una possibile relazione tra i due parametri.


“Questi dati – ha dichiarato Giancarlo Maria Liumbruno, Direttore del centro nazionale sangue – dovranno essere confermati da studi futuri e le evidenze di cui disponiamo ad oggi non sono tali da supportare cambiamenti della pratica trasfusionale attuale, che prevede la possibilità di conservare i globuli rossi fino a 42 giorni. Per le conseguenze cliniche che l’eventuale danno cellulare può avere sui pazienti, si tratta sicuramente di un argomento di primaria importanza per tutti gli stakeholder del Sistema sangue: ogni anno in tutto il mondo vengono raccolte circa 108 milioni di unità di sangue (dato OMS). In Italia, nel 2015, sono state trasfuse circa 2.500.000 unità di globuli rossi”.


Parallelamente la comunità scientifica ha sviluppato anche filoni di ricerca orientati a migliorare le condizioni di conservazione dei concentrati eritrocitari e a identificare i meccanismi fisiopatologici alla base delle possibili complicanze nel paziente che riceve la terapia.


Nel corso del meeting, che ha ospitato esperti italiani ed internazionali di prestigio, sono state fornite le più recenti evidenze dalla letteratura scientifica e suggerite le possibili strategie tese a garantire la massima qualità e sicurezza del farmaco “concentrato eritrocitario”. Tra queste, ad esempio, il miglioramento delle condizioni di conservazione, l’impiego delle tecniche di inattivazione dei patogeni e anche l’obiettivo ambizioso della futura identificazione del profilo ematologico e biologico del donatore ideale, in grado di donare globuli rossi meno sensibili alle lesioni da conservazione.