Health care-associated infection after red blood cell transfusion: a systematic review and meta-analysis.

 
Rohde JM, Dimcheff DE, Blumberg N., Saint S., Langa KM, Kuhn L, Hickner A, Rogers MA.
JAMA. 2014 Apr 2;311(13):1317-26. doi: 10.1001/jama.2014.2726
PubMed.gov
 
Commento del Dott. Giuseppe Marano, Medico Chirurgo, Specialista in Ematologia.
 
Gli sforzi per prevenire le infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono tra le priorità per tutte le organizzazioni sanitarie. Il Centro Nazionale Sangue (CNS) promuove e coordina numerosi studi e ricerche per migliorare la qualità, sicurezza, efficacia e appropriatezza delle prestazioni trasfusionali. La trasfusione di concentrati eritrocitari (CE) è una terapia frequente per i pazienti con anemia severa. In Italia si trasfondono ogni anno circa 2,5 milioni di unità di CE l’anno. La possibilità di contrarre un’infezione a seguito di una trasfusione di CE è nota da diversi anni e grazie all’attuazione di differenti strategie tra loro complementari e/o sinergiche si è raggiunto un notevole livello di sicurezza nei paesi industrializzati. Tuttavia, non pienamente compresa è la valenza dei diversi regimi trasfusionali di CE nel ridurre il rischio delle infezioni associate alla trasfusione.
 
In questo lavoro, Rohde et al. riportano i risultati di una meta-analisi volta a  valutare l’associazione tra una strategia trasfusionale liberale vs restrittiva di CE e il rischio di contrarre infezioni. La review ha incluso i risultati di 18 studi randomizzati che hanno confrontato le due strategie trasfusionali applicate ad un totale di 7.593 pazienti. La frequenza  d’infezione, sul totale dei pazienti esaminati,  è stata del 16,9% nel gruppo sottoposto ad un regime di trasfusione liberale e dell’11,8% nel gruppo sottoposto a regime trasfusionale restrittivo. In questi ultimi, il rischio di contrarre un’infezione è risultato minore per i pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica o per i pazienti con sepsi, mentre non sono state rilevate differenze significative per i pazienti con patologia cardiaca, pazienti critici, quelli con grave sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore o per i neonati con basso peso alla nascita.
 
Va sottolineato che l’unico aspetto valutato in questo lavoro è il rischio di infezione post-trasfusionale e che l’analisi degli Autori non è basata sulla valutazione di tutti gli eventi avversi di natura infettiva nei riceventi ma sull’incidenza di specifiche tipologie d’infezione (sepsi, polmoniti, mediastiniti e infezioni della ferita chirurgica).
 
Gli Autori suggeriscono che l’aderenza ad un regime trasfusionale restrittivo rappresenti un importante step per la riduzione del rischio infettivo legato alla trasfusione, specie se associato alla leucodeplezione universale dei CE. Nella loro analisi resta forse poco esplicitato che un’accurata e valida selezione del donatore rappresenta il primo step di una più ampia strategia di sicurezza, essendo alla base di tutto il processo trasfusionale.
 
Come evidenziato dagli stessi Autori, la differente tipologia degli studi presi in esame e la variabilità statistica legata all’eterogeneità delle condizioni cliniche monitorate (pazienti chirurgici, pazienti con problematiche cardiache, gastrointestinali, settiche, ecc.) mostra come le varie strategie trasfusionali non siano applicabili indistintamente a tutte le condizioni cliniche ma che esse debbano tener conto delle peculiarità delle singole entità nosologiche. D’altro canto, il processo decisionale relativo alla necessità di trasfondere non è, e non deve essere, meramente legato a dati laboratoristici ma deve basarsi su una valutazione complessiva del paziente (segni e sintomi clinici ed eventuali fattori di rischio).
 
In conclusione, appare indispensabile l’adozione del Patient Blood Management (PBM), approccio paziente-centrico, olistico e multidisciplinare, fondamentale per la gestione della risorsa sangue al fine di stabilire le soglie trasfusionali ottimali, fornire ulteriori informazioni relative a rischi/benefici della procedura trasfusionale, migliorare gli esiti clinici dei pazienti e di riduzione dei costi.
 
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